lunedì, gennaio 29, 2007

un altro mondo è possibile(?)



Premessa: Anna è stata a Nairobi al Social Forum Mondiale, tra i vari incontri e mondi conosciuti nel viaggio ha intavolato un'interessante conversazione che ho chiesto di poter pubblicare qua:

Nairobi, 24 gennaio 2007, marcia di chiusura del settimo Social Forum Mondiale.
Partiti dal centro dello “slum” di Korogocho, una delle più grandi bidonville al mondo, circa 800.000 abitanti nella miseria più assoluta.
Ho camminato per quasi dodici chilometri. Me ne mancano ancora due per raggiungere Ururhu park, e mi si affianca un volontario della marcia. Maglietta gialla, scritta in verde “volunteer”, iniziamo a chiaccherare. Mi chiede di dove sono, e se in Italia ci sono posti come gli slum. Gli dico di no, che ci sono posti orribili (come i campi nomadi milanesi), ma non così.
Ma non avete poveri?
Li abbiamo sì, sempre di più. Ma non come voi.
E mi si stringe la voce in gola.
Mi chiede di raccontargli come sono le cose da noi.
La sanità? Gratuita gli dico. Ma la vogliono privatizzare.
Leggo lo stupore nei suoi occhi, perché esiste un posto dove la sanità è un diritto per tutti, e dove vogliono rendere questo diritto per pochi…. Non capisce.
Le pensioni? Esistono, paghi dei contributi mentre lavori e quando sei vecchio puoi smettere di lavorare e lo stato ti rende i soldi. Ma le vogliono cambiare.
Ancora stupore…
Gli dico che da noi vogliono privatizzare l’acqua.
Stupore. Da voi l’acqua c’è per tutti? E perché vogliono farvela pagare?
E gli dico che stiamo raccogliendo le firme per una legge popolare contro la privatizzazione dell’acqua.
Domande, mi riempie di domande e si stupisce per le risposte.
Non capisce perché qualcuno vuole cambiare un sistema giusto per passare ad uno ingiusto… non lo capisco neanche io.
Gli dico che siamo vittime delle stesse strategie.
Noi dobbiamo lottare per difendere dei diritti che qualcun altro ha conquistato, e loro devono lottare per avere dei diritti fondamentali.
Così, passo dopo passo arriviamo al parco, e la stanchezza sembra essere andata via, e sull’ultimo tratto di strada passiamo accanto al campo da golf… impeccabile.
Così in contrasto con l’inferno che abbiamo appena attraversato.
Mi dice che adesso io me ne andrò (insieme a tutti gli altri) e ha paura che resteranno ancora soli e che non cambierà niente e io gli racconto la storia del fiocco di neve, sentita tempo fa da Danielle Mitterand, da sempre in lotta contro la privatizzazione dell’acqua in Francia.
Un fiocco di neve su un ramo non pesa nulla. Molti fiocchi di neve spezzano il ramo.
Fa sorridere parlargli di neve mentre il sole kenyota a picco mi sta bruciando la faccia, ma lui capisce. E mi sorride.
Gli dico che io, come gli altri occidentali, devo tornare a casa e che noi abbiamo la responsabilità di difendere quello che abbiamo e di lottare anche per chi, come lui, deve ancora guadagnarsi il diritto ad una vita dignitosa. Perché noi e i nostri governi siamo responsabili anche di quello che accade a lui. Ma che non siamo soli.
Ci salutiamo abbracciandoci, gli lascio il mio indirizzo email e lo prego di scrivermi.
Gli ricordo lo slogan che tutti i forum sociali mondiali si portano dietro, da sette anni a questa parte: globalizziamo la lotta, globalizziamo la speranza.




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