giovedì, ottobre 26, 2006
Altre voci, altre stanze – Truman Capote
Ammetto di essermi avvicinata a lui dalla risonanza di un film che oltretutto non ho visto.
Comunque alla seconda lettura di un suo romanzo, la prima era L’Arpa d’erba, capisco l’interesse che suscita.
Una scrittura evocativa con un delicato utilizzo di aggetttivi senza diventare prolisso o lezioso.
Una scrittura a volte difficile da leggere senza la giusta concentrazione perché estremamente evocativa.
Questo suo talento si esprime perfettamente in questo che credo sia il suo primo romanzo.
il tredicenne Joel, rimasto orfano della madre, viene chiamato dal padre, da cui la donna si era separata, a raggiungerlo in campagna.
Dopo un viaggio in cui iniziamo a conoscere il modo di "muoversi" del ragazzo e in cui incotriamo svariati e colorati personaggi, Joel arriva a Skully's Landing, accolto dalla nuova moglie del padre.
Misteriosamente nessuno gli fa incontrare il genitore e Joel passa le sue giornate a esplorare i dintorni della villa e la stessa abitazione.
Un ambiente decadente, nell’aspetto e nei suoi abitanti. La matrigna è una nobile decaduta eterea e ancor di più è decadente il cugino Randolph. A cui si aggiungono domestici centenari e vicine ribelli.
Un mistero avvolge il padre, che Joel poi risolverà, allontanaldolo da lui ancora di più.
Un ragazzo bisognoso di amore e attenzioni che riconosce dentro di sè gli errori e le bugie, che racchiude un mondo immaginario che spesso si fonde indelebilmente con la realtà, complice una parte degli Stati Uniti ancora impregnato, all’epoca e temo anche oggi, di un’atmosfera da post-schiavitù e nello stesso tempo da una natura avvolgente e a volte surreale.
Il caldo dell’estate accompagnerà Joel verso una nuova consapevolezza di sè e verso l’abbandono della vita da bambino.
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